scultore

La materia e altrimenti delimitata da Daniele Ruffini, che scompone e misura semplici solidi ridotti in porzioni, mossi e animati da una separazione, urgenza al tempo stesso di ricongiunzione e svincolo.


                                                                                                          Gianluca Murasecchi

​​​​​ Daniele Ruffini

La scultura di Daniele Ruffini focalizza la possibilità di far corrispondere ad un impianto assolutamente razionale strutture che, altrettanto geometricamente, definiscano uno spazio astratto privo di quelle coordinate che ne permetterebbero l'esistenza. In altre parole, e questo è il punto, Daniele Ruffini ricerca una sorta di razionalità dell'irrazionale.

Se guardiamo attentamente le sue "composizioni" non possiamo non notare come all'assetto matematico/logico/razionale che le compone, alcuni dettagli, minimi e rilevatori scappino e paradossalmente rientrino nella rigida griglia della geometria.

Figure geometriche pure s'inscrivono una nell'altra intagliando nuovi solidi e differenti coordinate, piani sfuggenti - che, come ricorda l'autore, "sembrano cadere da un momento all'altro e che miracolosamente, per l'effetto dei collanti, restano in piedi" - vivono e realizzano lo spazio di un "equilibrio impossibile".

Il rimando al razionalismo italiano, al caratteristico interesse per lo slittamento espressivo delle masse del cosidetto "Gruppo di Como" di Terragni; la particolare attenzione ai percorsi pitto-scultorei di Aldo Galli e ad alcune composizioni pittoriche di Carla Prina è evidente, ma Daniele Ruffini conosce a fondo la storia dell'arte e non nega di averne prediletto alcune tematiche durante i suoi studi. Parlando mi svela la sua concezione della realtà dove "tutto e geometria da Picasso in poi", e mi cita il suo amore per la tradizione astratta dell'avanguardia russa, gli interessi rivolti al Costruttivismo e al Suprematismo, alle personalita di Tatlin, Gabo, Pevsner, poi il grandissimo Malevic.

La sua tendenza ad astrarre non cede però alla tentazione radicale dell'annullamento dell'opera (il "quadrato bianco su bianco "maleviciano);in questo percorso giocano un ruolo principale quei materiali - marmo, ottone e ferro delle sculture; legno e gesso dei bozzetti - che Ruffini considera come definitivi.

Le strutture scultoree di questo giovane artista mostrano un equilibrio visivo che tende al movimento; l'incontro attuato tra l'equilibrio formale, visivo, razionale, e lo slittamento delle stesse forme divise da piani conferisce a queste composizioni la possibilità, la sensazione del dinamismo. Questo, il regno della finzione scultorea; regno degli infiniti possibili dove composizioni di solidi secati da un piano rivelano, a un secondo attento sguardo, la propria natura similare ma diversa.

Il luogo della possibilità, della compatibilità tra incompatibili, sembra guidare la mano di Daniele Ruffini, mano ferma a dare all'impossibilità la dignità di reale.


                                                                                                           Vania Granata